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TRACCE MUSEOGRAFICHE
L’itinerario delle “tracce di contemporaneo” si inserisce nell’attività espositiva del Museo d’Arte
Contemporanea di Lissone con una selezione di opere appartenenti a quella stagione di radicale
rinnovamento della pittura – iniziata a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta – che idealmente si
ricollega al XII Premio Lissone del 1961, un’edizione particolarmente significativa nella storia della
cittadina briantea perché foriera di quelle
Nuove tendenze
, altrimenti dette
Tendenze avanzate,
di primaria importanza a livello internazionale. All’epoca Giulio Carlo Argan aveva aspramente
criticato gli indirizzi più conservativi dell’arte, adducendo che «in tutti i campi dell’attività umana è
in atto una profonda trasformazione dei modi di comportamento nella determinazione dei valori.
[…] Il compito dell’arte contemporanea non è di conservare a tutti i costi i valori impropriamente
detti “umanistici” in una società che diventa sempre più tecnicistica, ma di determinare quella
che sarà, nella figura storica della cultura moderna, il posto e la funzione dell’attività estetica».
Per avvallare la disamina di Argan è sufficiente scorrere l’elenco dei partecipanti al XII Premio
Lissone, che quell’anno annoverava la presenza di Lucio Fontana sia nella sezione riservata ai
maestri dei “Valori rappresentativi” sia nella “Rassegna della pittura italiana”, mentre la sezione
“Informativo-Sperimentale” (dedicata agli
artisti dell’ultima generazione operanti in gruppi o iso-
latamente
) si pregiava della presenza del Gruppo Enne di Padova e del Gruppo T di Milano, ma
soprattutto dell’estemporaneo Gruppo Milano 61 formato da Piero Manzoni, Enrico Castellani,
Agostino Bonalumi e Dadamaino che furono i principali animatori dello spazio Azimut, attorno al
quale si raccolse un nutrito cenacolo di artisti, nelle cui fila è doveroso ricordare l’apporto teorico
e concettuale di Vincenzo Agnetti.
Le “tracce di contemporaneo” esposte al MAC vantano quindi una tangenza con i fasti del Premio
Lissone, oltre che con l’annessa collezione storica, fornendo allo spettatore la testimonianza di
quelle ricerche extra-pittoriche che appartenevano alla
Nuova concezione della pittura
vaticinata
da Udo Kultermann. È questo il caso delle tele centinate di Castellani e Bonalumi, ove estrofles-
sioni e introflessioni sottopongono la superficie a una sollecitazione che sembra premere, spinge-
re e resistere di continuo alla propria tensione interna; se il taglio di Fontana genera una spazialità
dietro/dentro l’opera stessa, il movimento ottico-dinamico di Dadamaino coincide con la volontà di
modulare lo spazio; Agnetti rinuncia invece alla figurazione a favore della significazione, aprendo
la via a un nuovo modo di
pensare la pittura
, così come farà Manzoni, il quale si spingerà sempre
più al limite del visibile e al di fuori delle convenzioni
Alberto Zanchetta
Direttore artistico
MAC di Lissone
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