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opere estroflesse. La tela, trapuntata con chiodi in-
terni ed esterni, si fa mutevole grazie alla dinamicità
della luce e delle ombre e al ritmo di pieni e di vuoti
che coinvolgono l’occhio del fruitore, invitandolo a
indagare una superficie monocroma e aniconica che
da bidimensionale e statica si fa tridimensionale e
cangiante sovvertendo il concetto stesso di spazio-
tempo.
Cattura lo sguardo del visitatore anche la grande
opera di Dadamaino, un Volume a moduli sfasati del
1961: un lavoro profondamente significativo della
produzione dell’artista. Lo sfasamento della trama,
l’alternarsi del ritmo, il gioco di trasparenze, il senso
di disorientamento, ma anche l’impiego sperimentale
di materiali alternativi costituiscono gli elementi car-
dine della sua ricerca agli inizi degli anni Sessanta.
Vicino al gruppo di Azimut è anche Vincenzo Agnetti,
molto amico, in quel periodo, di Castellani e Manzo-
ni, con i quali collabora nella stesura di alcuni saggi
critici apparsi sulla rivista Azimuth. Per Agnetti l’ar-
te è un’operazione concettuale, in cui soggettività,
coscienza e produzione costituiscono un tutt’uno in-
scindibile. La sua ricerca è rappresentata in mostra
con un’opera più tarda, datata agli anni Settanta,
parte di un progetto complesso dall’emblematico ti-
tolo di
Amleto politico
.
Nelle fotografie le sette opere del progetto inserite nel percorso
del Museo